L’Ingegnere di Rio

Vi sarete chiesti (o anche no) che fine aveva fatto il mio viaggio a Rio, di cui vi avevo promesso resoconto. Sono stato un po’ preso, in questi giorni, e quindi ho avuto qualche difficoltà a cominciare il racconto del viaggio.

Se trascuro qualche problemuccio con la compagnia aerea con cui ho volato (per la cronaca era la TAP, compagnia di bandiera portoghese), si è trattato di un viaggio piacevole (pur nella sua brevità). Gli incontri di lavoro sono stati proficui, e ho anche avuto tempo per una giornata quasi intera di "turismo".

D’altra parte un viaggio a Rio è sempre piacevole, perché è un luogo carico di suggestioni, che solo a nominarlo evoca divertimento, allegria, bellezza. Il prezzo da pagare è al ritorno in ufficio: nessuno ha niente da dire quando vai a Islamabad (al limite ti guardano con commiserazione), tutti a guardarti e a commentare con sorrisetti compiaciuti e maliziosi quando torni (peggio se un pochettino abbronzato) da Rio de Janeiro. Date per scontate simili reazioni anche fra voi (già ne ho avuto ampie anticipazioni…), mi lancio nella nuda cronaca… beh, diciamo nella cronaca, che dire nuda già è troppo evocativo.

Ero già stato a Rio un paio di volte e sempre per periodi brevissimi, perché i miei giri brasiliani si sono quasi sempre concentrati su Sao José dos Campos, cittadina industriale vicino San Paolo della quale vi ho forse già parlato, e che è la quintessenza della bruttezza. Rio invece, nell’immaginario e per molti versi nella realtà, è un’altra cosa. E doversene tornare a casa lascia sempre un po’ di dispiacere.

Come città, Rio de Janeiro non mi piace. Urbanisticamente è orribile. Un’accozzaglia di palazzi e costruzioni stilisticamente incoerenti, in massima parte moderne, piuttosto curate in alcuni quartieri eleganti, e piuttosto brutte nella gran parte della città. Sono presenti solo pochi rimasugli di palazzi e monumenti più antichi, completamente soffocati dal cemento, e talvolta restaurati in stile finto-coloniale vero-Disneyland. Le strade sono spesso intasatissime, i marciapiedi sconnessi e sporchi. Rio non è una città enorme come San Paolo, ma ha comunque diversi milioni di abitanti, e molti vivono in condizioni al di sotto della decenza. Questo comporta l’esistenza di periferie tristi e squallide, fino ad arrivare alle famose favelas, impressionanti baraccopoli dove le condizioni di vita non hanno nulla di umano.

Ma quello che rende questo posto unico non è l’opera dell’uomo, è quella della Natura, che prende un’ampia rivincita sulle brutture che l’uomo ha tentato di imporre. E’ il fascino di un insieme inscindibile di mondo minerale e vegetale, di geologia e vegetazione, che entra nel tessuto urbano e nella vita della città e dei suoi abitanti, per caratterizzarla totalmente.

La morfologia di questi luoghi è unica. Rio sorge su una baia e su un insieme di lagune. La baia è costellata di isolette. Il terreno, lungo la costa e nell’entroterra, è molto accidentato, con picchi appuntiti e ripidi che vengono su improvvisamente dal mare e dalla pianura. Praticamente nel mezzo dell’area urbana ci sono delle pareti che sono considerate (e utilizzate) come palestre di alpinismo di grande difficoltà. La linea della costa, lungo la quale si stende tutta la città, è una interminabile e larghissima spiaggia di sabbia dorata. Il vento, che nei millenni ha modellato il profilo della costa, continuamente modella le onde, rendendole attraenti per chi fa surf e rendendo ancora più movimentato e colorato il panorama. Acqua, montagne, rocce, sabbia… Sono questi gli elementi che danno il carattere alla città, che ne dettano il ritmo. Non (grazie a Dio) il cemento, la pietra e l’asfalto. Quello che intendo dire è che se provassimo a pensare a una grande città come New York, ma anche come Parigi o Roma, e ne togliessimo tutte le case e le realizzazioni umane, rimarrebbe una campagna, una costa, un fiume con qualche isoletta: elementi difficilmente identificabili. Se facessimo lo stesso lavoro a Rio, ne sono sicuro, rimarrebbe ancora Rio, rimarrebbe la totalità del suo fascino.

Rio da corcovado

La baia di Rio de Janeiro vista dal Corcovado (foto da Internet)

L’effetto, specialmente dall’alto, da picchi come il Corcovado o il Pan di Zucchero, è semplicemente mozzafiato. Ogni volta che mi è capitato di ammirare questo panorama, con uno sguardo allargato dall’alto o con un orizzonte più ristretto dalla spiaggia, ho sempre avuto difficoltà a staccarmene, assorbito dalla bellezza, dalla luce, dai colori.

Ipanema

Vista della spiaggia di Ipanema (foto mia, col cellulare)

La mia giornata di libera uscita l’ho trascorsa praticamente tutta a passeggiare sul lungomare di Ipanema, e anche sulla spiaggia, dove i tantissimi bagnanti avranno notato un tizio che arrancava sudando nella sabbia, in Clark’s, jeans e camicia a maniche lunghe, rigorosamente con occhiali da vista (e quindi con gli occhi strizzati per evitare il sole abbagliante).

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Altra vista (!!!) della spiaggia di Ipanema (foto mia)

Altro elemento naturale caratteristico, la vegetazione. Rigogliosa e verdissima, figlia del clima subtropicale, a cui alle nostre latitudini non siamo abituati. Personalmente, io non finisco mai di sorprendermi quando vedo piante, che da noi crescono striminzite nei vasi, che qui sono alberi che adornano le strade e i parchi cittadini. Se questo tipo di vegetazione accomuna tutte le città che si trovano a queste latitudini, Rio ha comunque una sua peculiarità, perché è l’unica città – mi dicono – che può vantare una autentica foresta tropicale entro i confini della cerchia urbana. La vegetazione subtropicale produce anche una grande quantità e varietà di frutti. Papaia, frutto della passione (o maracuja), mango, e altri frutti accattivanti per i colori, per le forme, e… per il nome, sono presenti dappertutto. Agli angoli delle strade, ci sono spesso banchetti che vendono succhi multicolori, dal contenuto indecifrabile, con la promessa di miracolosi effetti energizzanti. A differenza del succo di canna pakistano, stavolta qui ho ceduto e ho preso un succo di clorofilla (?) e arancia, dal colore verde, dal sapore vagamente di erba, ma tutto sommato buono e rinfrescante…

Beh, fin qui la Natura, il regno vegetale e quello minerale. Mi tocca, però, dire qualcosa sui brasiliani, cercando di mettere insieme un po’ di impressioni accumulate nel corso dei miei ripetuti incontri, negli ultimi anni.

Non è facile descrivere il brasiliano tipico, perché si rischia di cadere nello stereotipo o nel luogo comune, ma è inevitabile, perché per tanti aspetti i brasiliani sono effettivamente come li si dipinge… E in ogni caso, sono una specie a parte, hanno un approccio alla vita tutto speciale, di cui non si può non innamorarsi!

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Sempre spiaggia di Ipanema: ci sarà fra questi ragazzi un nuovo Kakà? (foto mia)

Il brasiliano è una persona che ha voglia di vivere e di godere la vita con naturalezza. Non ho mai visto un brasiliano prendersela, correre e affannarsi, essere puntuale (ma questo non fa incavolare gli altri, a meno che non siano stranieri). Non temono la vecchiaia, l’unico peccato che considerano mortale è quello di rinunciare al divertimento.

Il brasiliano, più che essere un "occidentale", è molto vicino alla umanità istintiva e selvatica degli africani portati schiavi o immigrati in queste terre. La cultura "occidentale" non è riuscita a estirpare da questa gente un senso di profonda intimità con la natura, quasi un culto pagano delle forze della natura e del corpo. Ad esempio i brasiliani hanno trasformato e "integrato" la fede cattolica con tutta una serie di riti animistici e quasi stregoneschi, e quello che sorprende è che persone di ogni ceto e di ogni estrazione culturale partecipano con grandissima naturalezza a questi riti.

Infine, non credo sia una novità ricordare l’amore sconfinato che hanno per la loro musica e per i loro ritmi, che sono parte della vita quotidiana. Della loro musica ne parlerò magari in un post a parte. Mi limito a raccontarvi che almeno in un paio di occasioni, negli ultimi anni, ho visto insospettabili ingegneri che, durante il coffee break di una seriosissima (e pallosissima) riunione, si mettevano a cantare in duetto o in trio qualche bossa, accompagnandosi con percussioni improvvisate usando penne, tavoli e quaderni, bicchieri, bottiglie…   E quando non cantano, e semplicemente parlano, fanno comunque musica… La parlata brasiliana, quel portoghese strascicato e cantilenante (così diverso dal portoghese europeo) è già una base perfetta per ogni melodia, e personalmente starei ore a sentirli conversare.

E questo è, più o meno, tutto. Scusatemi per la lunghezza, ma ho aspettato già così tanto e non mi andava di dividerlo in puntate!

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14 risposte a L’Ingegnere di Rio

  1. Signora ha detto:

    E hai fatto benissimo a dilungarti! Sicuro di non essere un antropologo-guida turistica travestito da ingegnere? ;-))
    E\’ un\’analisi da viaggiatore e non da turista occasionale la tua (ma questo te lo avevo già detto a proposito del Pakistan .. ). E\’ esaminare un paese accettandone i suoi vari aspetti anche se diversi dai nostri, spiegandoli con condizioni climatiche e origini che a dispetto dei secoli, influenzano ancora oggi la popolazione locale.
    Non ho avuto la fortuna di visitare l\’america del sud, e spero di farlo presto, ma ne ho studiato origini e culture e leggerti è stato un ottimo ripasso!
     
    Notte…
     
    PS. io a Ipanema ci sarei andata col costume da bagno … ehehehh
    PS2 (e non giocare… ) ti ho \’nominato\’ 😉

  2. Virginia ha detto:

    avevamo un prof di religione missionario, un anno, durante le superiori. spesso ci faceva resoconti "rieschi". una delle sue definizioni sintetiche di rio era " una bella zingara!". immagino ci sia andato vicino… e immagino anche, quale deve essere stata l\’impressione visiva dei primi colonizzatori quando sono arrivati nella baia, se ancora oggi tu descrivi un paesaggio che riempie gli occhi e il cuore.
     

  3. Lilla ha detto:

    WOW!! avevo visto ieri sera tardi il tuo racconto, ma era troppo lungo da leggere … così, per non saltarne neanche una parola, mi sono ripromessa di leggerlo con calma oggi … ed ho fatto bene!!! 🙂
    ho notato un primo piano della foto "altra vista (!!!) della spiaggia di ipanema" … io l\’avrei nominata … "due pan di zucchero sulla spiaggia" 😉 …
    un bacione, buona settimana!!
    PS: ora capisco tante cose sul mio capo … scusa … sto divagando! 🙂

  4. Kalispera ha detto:

    "Un succo gusto-erba, anche a me, Grazie, che mi è venuto un caldo, a leggere…"
    Snif, snif…sento anche odore i sabbia ed un po\’ me la sono ritrovata nelle scarpe: misteri dell\’immedesimazione?
    Sono sicura che tra i possibili Kakà ci sia qualche notevole "altra vista" al maschile, giusto per "per condicio"…
    La morfologia del territorio, era una caratteristica a cui non avevo mai prestato attenzione, o che forse, non era stata abbastanza sottolineata nei documentari che ho visto su Rio: decisamente interessante, come tutto il tuo racconto.
    Complimenti…
    P.S.
    Mi garantisci che questo succo gusto-erba, non abbia effetti collaterali indesiderati?
    No?
    Allora, questo leggero fastidio è…
    L\’INVIDIA!
    Ciao
    Kalispera

  5. rosa ha detto:

    Fede, giuro che il tuo è uno dei pochi blog che nonostante la lunghezza dei post riesco a leggere con tantissimo piacere… :-)ps. ancora non te la vuoi comprare sta macchinetta fotografica seria?

  6. maria ha detto:

    Ah, sono contenta, aspettavo interessata questo post!Come sempre ne è valsa la pena!
     
    Quanto hai scritto rispecchia fedelmente l\’impressione che mi ero fatta dai documentari!Mi piacerebbe visitarla, un giorno!
     
    Ciao Ing.

  7. Mauro ha detto:

    un costumetto in valigia non ci sta?

  8. Donatella ha detto:

    Eh sì! Concordo con Ross: i tuoi resoconti di viaggio sono veramente belli! Fai venir voglia tutte le volte di fare i bagagli e partire… poi figurati, la mia canzone preferita è la "Garota de Ipanema"… ahhhhh…
    Buona giornata

  9. Federico ha detto:

    Beh, innanzitutto grazie per i vostri commenti. e per i vostri (esageratissimi e immeritatissimi) complimenti! Vi pregherei di darvi una regolata, che poi mi monto la testa e al prossimo viaggio (che fra parentesi dovrebbe essere a breve…) il post lo faccio ancora più lungo…
    Alla Signora dei Sogni e a Mauro: in effetti, un costume avrei potuto portarlo… Ma è uno degli articoli che dimentico regolarmente. Il mio super-io ingegneristico mi forza a pensare a qualunque trasferta, dovunque essa sia, come occasione di puro lavoro!
    Virginia, "una bella zingara" è in effetti una definizione che ci sta benissimo… Dice tutta la sensualità di questa città… Curioso che venga da un sacerdote! 😉
    Per Lilla: Cosa capisci sul tuo capo? Va spesso in Brasile? Comunque sappi che i capi, quando vanno all\’estero, semplicemente lavorano (notte e giorno). In quanto alla "vista" della spiaggia, so che non ci faccio una gran figura ma vi confesso una cosa: mi sono accorto soltanto a casa, scaricando le foto, di quello che avevo fotografato! Ero talmente accecato dal sole, con i miei occhiali da vista, che sulla spiaggia camminavo senza vedere niente! 🙂
    Per Kali, il succo alla clorofilla ha avuto un certo effetto energizzante… o era solo suggestione… Comunque nessun effetto negativo, ne\’ tantomeno invidia!
    Per Streghetta, effettivamente con la "macchinetta seria" avrei potuto fare delle foto più belle… Ma credo che non la prenderò… Almeno per ora… Quindi non tenermela da parte! 🙂

  10. Sonja ha detto:

    Sempre più affascinata dai tuoi report, xk é facile scrivere situazioni da "turista x caso", decisamente più difficile trasmettere sensazioni, descrivere luoghi e persone andando "oltre la facciata".
    Avrai anche un "super Io ingegneristico" che ti fa pianificare il viaggio principalmente x un discorso prettamente lavorativo, ma ben venga che dimentichi di mettere il costume nel trolley, se poi vivi i momenti di relax in modo così attento e profondo regalandoci spunti di lettura che rendono la narrazione un piacevole lungometraggio che coinvolge i sensi e l\’immaginazione.
    Da lettrice attenta e precisa quale sono, ti posso dire che….a prescindere dalla camisella con le maniche arrotolate ed i jeans, le Clark\’s non erano proprio così fuori luogo sulla sabbia, visto che ancor prima di diventare simbolo post \’68 erano le calzature utilizzate dagli esploratori inglesi x affrontare le ostilità del deserto…
    Sempre di sabbia si tratta….:)
    E x quanto riguarda gli occhi strizzati x il fortissimo sole (ahimé ne so anch\’io qualcosa, ed infatti x quanto possibile cerco di ovviare con adeguate strategie di ripego), se le foto che hai fatto con il cellulare son riuscite così bene, non oso immaginare quali capolavori potevi fare con una reflex digitale come la mia.
    Forse é meglio allora che rimandi l\’acquisto, altrimenti io in primis posso appendere l\’obbiettivo al chiodo. 🙂
    Un abbraccio.

     
     
     

  11. agnese ha detto:

    Dunque, ma io posso mai commentare uno che va in brasile, va sulla spiaggia di Ipanema (non a Varcaturo, con tutto il rispetto)…e non vede un corno perchè era accecato dal sole per via degli occhiali??? Ma tu che intenzioni hai, eh?
     
    un tizio che arrancava sudando nella sabbia, in Clark\’s, jeans e camicia a maniche lunghe, rigorosamente con occhiali da vista (e quindi con gli occhi strizzati per evitare il sole abbagliante). Ma senti, un maglioncino sulle spalle in caso di venticello improvviso…??? Cmq, grazie, ci hai fornito un\’immagine che vale da sola più di mille parole.

     
    stavolta qui ho ceduto e ho preso un succo di clorofilla (?) e arancia, dal colore verde, dal sapore vagamente di erba, ma tutto sommato buono e rinfrescante… Trasgressivissimo! Per uno che considerava la limonata (acqua e limone) il top dei cocktails, stiamo facendo dei grossi passi avanti…!
     
    Ora, dicci che anche tu fai parte di quel gruppetto di insospettabili ingegneri-ballerini e recuperi qualche punticino… e noi dimenticheremo l\’immagine di te, che arranchi sulla spiaggia, che sudi nella camicia a maniche lunghe, che fotografi le brasiliane e manco le vedi, e ingenuamente ce lo dici pure…no veramente, ma di che stiamo parlando? E poi dice che sono io…

  12. Antonio ha detto:

    Federico,che bello essere qui. Splendida atmosfera; vien voglia di sedersi in poltrona e bere un cocktail con i vecchi amici :-)Complimenti per:1. il viaggio (ma non è dipeso da te)2. il racconto (quello si, bravo e grazie)3. le foto col cellulare! Non è banale riuscire a fare delle belle foto in quelle condizioni ma ci sei riuscito! bravissimo.E ora dove andrai di bello, facendoci rosicare?A

  13. La Gatta ha detto:

    eccomi eccomi!
    in ritardo, ma sai, mi sono fermata lungo la strada, ho fattoun bagno, mi sono lasciata distrarre da un paio di giovanotti, ho guardato con invidia un paio di ragazze che si..allontanavano….ho bevuto qualcosa, perchè – puf puf! – hai ragione, fa caldo….e io ho la magliettina leggera sotto alla giacca, ma per simpatia e perchè sempre di viaggio di lavoro si tratta sono venuta in tailleur…e sai, i tacchi sulla sabbia non sono gran che comodi…e questa giacca mi dà fastidio…
     
    gli occhiali da sole, quelli si, li ho sempre, perchè ho gli occhi molto sensibili alla luce….quindi ho visto tutto benissimo!!!!…o l\’ho letto così ben raccontato che mi sembrava di vederlo???
     
    🙂
     
     
     
    mi associo ai complimenti per le fotografie con il cellulare….a riprova che non sono i mezzi, ma la mano… io ho una macchina di tutto rispetto e…ehm ehm…censura sui risultati!!!
    😛
     

  14. Fabrizio ha detto:

    Ciao, Federico
    Bella descrizione di Rio, ma sinceramente manca un po\’ di peperoncino nella tua relazione di viaggio.
    Foto di belle ragazze, di succolenti cenette, angoli romantici, incontri piacevoli e via così ……. .
    ….. eheh …..
    Che vuoi, io penso che quando le riunioni sono pallose meglio andarsene a spasso.
    Forse anche tu, ma meglio farlo che pensarlo.
    Sinceramente ti invidio un po\’, non sono mai stato a Rio.
     
    Un saluto.
    Fabrizio

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